Pitino torna nella Big East, e si porta dietro anche Louisville
In questo dossier ci accingiamo ad analizzare l'evento di maggior attualità sulle scene del panorama Ncaa, ossia quello dei cambi di squadre da una conference all'altra, che sta generando una reazione a catena di proporzioni addirittura impensabili.
Esamineremo il grande riscatto della Big East, i problemi della C-Usa, soffermandoci di volta in volta su alcuni casi particolari.
La grande reazione di Mike Tranghese
Ci eravamo lasciati quest'estate con un gran brutto colpo per la Big East. La partenza, destinazione ACC, di Miami, Virginia Tech e Boston College avevano gettato il commissioner Mike Tranghese nella disperazione più totale. In sostanza in un colpo solo aveva perso tre autentiche power house del college football, con il serio rischio di vedere compromessa addirittura l'inclusione della propria conference alla Division 1-A.
Allora accusò direttamente la ACC di grave scorrettezza, ma il suo grande senso etico ha visto subito un rapido ridimensionamento quando Tranghese ha messo in atto il piano per salvare la Big East da un vero e proprio crollo, sia in termini di prestigio, sia in termini finanziari.
Avendo perso la supremazia nel football, la via per mantenere alta la caratura della Big East era quella di diventare un autentico punto di riferimento nel basket, fresco campione Ncaa con Syracuse, arrivando a strapazzare la supremazia di quella ACC che inevitabilmente nei prossimi anni vedrà il sorpasso della palla ovale rispetto alla palla a spicchi, cosa che ha fatto storcere non poco il naso ai diavoletti blu di Duke.
A farne le spese è stata la Conference Usa, che si è vista soffiare sotto il naso forze cestistiche di prima grandezza come Louisville, la power house affidata a Rick Pitino, da sempre uno dei college più quotati d'America, anche per via della grandissima rivalità con i cugini di Kentucky; Cincinnati, per quanto discussa, da anni tra i migliori program d'America; Marquette, altro college di grande tradizione, autentica power house del ghiaccio che recentemente è tornata molto in auge anche nel basket, raggiungendo con Wade addirittura le Final Four quest'anno; DePaul, storico college di Chicago e South Florida completano un rinforzo francamente senza precedenti.
A differenza della Big12 e della nuova ACC, questa Big East nasce quindi a trazione cestistica.
Che ne sarà del football nella Big East?
Prima di analizzare la situazione dal punto dal parquet, cerchiamo di capire come Tranghese imposterà il football in modo da non perdere l'automatic berth del BCS, che garantisce uno dei migliori Bowl della nazione. In sostanza l'obiettivo è quello di rimanere tra le sei migliori conference di tutta la NCAA e per farlo la Big East ha detto fino al 2005, quando il BCS (scadenza 2006) verrà rinegoziato. In sostanza c'è un grande timore di perdere questo automatic berth, ed è stata proprio questa, sempre sottintesa in termini economici, la ragione che ha convinto la ACC a portare via Miami e Virginia Tech alla Big East.
Le attuali designate a questo privilegio sono appunto la Big East, la ACC, la Pac-10, la Big-10, la SEC e la Big-12.
Alle migliori squadre di queste conference ogni anno il BCS, dotato di un sistema automatico di calcolo del ranking, aggiunge altri due team e forma in questo modo i quattro Bowl più importanti: l'Orange Bowl, il Fiesta Bowl, il Rose Bowl e quel Sugar Bowl che quest'anno assegnerà il titolo Ncaa. Soltanto questi Bowl muovono un giro d'affari da oltre 100 milioni di dollari ogni anno, una quota cui evidentemente non si può rinunciare.
Tranghese a questo punto si dice molto fiducioso: "Abbiamo perso dei college importanti ma li abbiamo rimpiazzati a dovere, per cui sono convinto che alla scadenza del BCS saremo ancora lì a discutere il nuovo contratto con le altre cinque migliori conference". Un ottimismo basato sul fatto che: "La nostra conference ha squadre che hanno una tradizione enorme (basti pensare solo a Notre Dame, NdR), che hanno vinto molti titoli Ncaa, con giocatori che hanno sollevato a loro volta diversi Heisman Trophy".
In realtà l'esito della disputa non è così scontato, perché altre conference busseranno alla porta del nuovo BCS, e tra le attuali escluse quella che avrà la maggior possibilità di spuntarla dovrebbe essere la Mountain West Conference del commissioner Craig Thompson, che potrebbe annettere alle sue file addirittura la Texas Christian University.
In realtà Tranghese è quindi consapevolissimo di aver perso un capitale enorme con Miami, soprattutto considerando quelli che sono i fattori che determinano le migliori conference, ossia qualità delle squadre, continuità dei programmi, mercato televisivo e numero di tifosi disposti alla trasferta per assistere ai Bowl. Cos'è che allora mantiene, anche per gioco forza, vivo il suo ottimismo?
La risposta la troviamo nelle potenzialità di alcuni college della Big East, che attualmente non hanno programmi eccellenti ma potrebbero averli a breve. È il caso di Rutgers e soprattutto di Connecticut, che si candida ad essere l'ateneo più rappresentativo di tutti gli States, disponendo già di programmi fortissimi a livello di college basketball, sia maschile che femminile. Se questi due atenei riusciranno nell'intento programmato, la Big East ha ottime chance di respingere l'assalto e costringere le altre conference a muoversi, in quella che sta diventando una vera reazione a catena.
Non dobbiamo sottovalutare quindi l'annessione di South Florida, interessante non tanto per il basket, quanto per un programma di football davvero emergente agli ordini di coach Jim Leavitt.
Tre college di scarsa tradizione cestistica si trovano quindi al centro della questione, ed al loro successo si lega quello di tutta la Big East.
Hoops conference
Tornando al basket invece, non si comincia neanche a discutere: la Big East sarà La conference.
Dalla stagione 2005/06 infatti, la Big East avrà sette college che possono consolidarsi tra i primi 25 della nazione, un primato che nessun'altro, eccetto forse la Big12, potrà nemmeno sognarsi. Louisville e Cincinnati sono due atenei di grandissima tradizione, introdurranno nuove rivalità all'interno della Big East: "Miami, Virginia Tech e Boston College - afferma il coach di Providence, Tim Welsh - non sono college da top25, anzi, non credo siano nemmeno da top25, mentre Louisville e Cincinnati sono da sempre nelle prime venti, e Marquette è sulla strada per entrarvi permanentemente; credo che i numeri parlino davvero da soli".
Entusiasta anche il decano di Syracuse, Jim Boeheim: "Abbiamo fatto molto per aiutare il football, che non sta andando molto bene, ma al tempo stesso siamo diventati davvero grandi nel basket, ed è quello che realmente ci serviva".
La consapevolezza di avere tra le mani un giocattolo in grado di primeggiare nel basket dà quella consapevolezza di solidità alla Big East che quasi certamente la porterà verso un successo duraturo nel futuro, fondandosi su un passato coniato su 39 Final Four e 9 titoli Ncaa.
Conference Usa: cronaca di un fallimento annunciato
Tempi duri, per non dire drammatici, invece aspettano la Conference Usa.
Per sostituire le cinque partenti, il commissioner Britton Banovsky, ha convinto Tulsa, Rice e Southern Mississippi a lasciare la WAC, mentre ha soffiato alla MAC Central Florida e Marshall.
Tulsa è un bel colpo, avendo programmi di buon livello, niente da dire, ma qualche dubbio viene relativamente a Southern Mississippi e Rice, college di buona tradizione, ma i cui programmi cestistici gestano da almeno vent'anni nel limbo dell'anonimato. In questo caso, l'affare migliore pare addirittura averlo fatto la WAC, che li ha sostituiti con Utah State e New Mexico State, due mid-major programs, come dicono negli States quando parlano di college senza tradizione che però ottengono risultati superiori alle aspettative (il caso più clamoroso è Gonzaga, assimilabile ormai ad un vero e proprio mid-major per i risultati che ha ottenuto, NdR).
Il rischio che corre la C-USA quindi è quello di perderci drasticamente sia nel basket che nel football, soprattutto se gli ingaggi di SMU e Rice non riuscissero a convincere Texas Christian a preferire questa conference alla lanciatissima Mountain West di cui abbiamo parlato in precedenza.
A rendere tragico, oltre che drammatico, questo scenario, che come abbiamo detto rischia di far precipitare le cose in senso assoluto, pur avendo come obiettivo quello di rinforzare decisamente il football, è la situazione che stanno vivendo due college "only basketball" come Saint Louis e Charlotte, che potrebbero fare presto le valigie per lidi ben più soleggiati. A questo punto, la crisi sarebbe davvero nera.
Un appiglio di speranza
In questo contesto di pericolosissima transizione forzata, alla C-USA non rimane che un caposaldo, vale a dire Memphis, college a trazione cestistica con velleità anche nel football. Perché Memphis ha dato fiducia alla C-USA? In sostanza non ha ricevuto l'offerta dalla Big East, ma senza troppe ipocrisie, possiamo credere alle parole di coach John Calipari: "Mi sono già trovato in una situazione come questa quand'ero a UMass nella A-10, per cui ho già un'idea di come dovremo adattarci all'evolversi di questa situazione: nel 2005 e nel 2006 giocheremo il preseason NIT e il Maui Invitational, per cui inizieremo la stagione con incontri di livello nazionale; avendo uno schedule intra-conference piuttosto facile, dovremo modificare il nostro calendario extra-conference, cercando degli incontri molto più difficili, contro squadre di prima grandezza".
L'analisi di Calipari, se riletta con attenzione, colpisce nel segno in più occasioni.
La sua è la consapevolezza del trovarsi innanzi al fatto compiuto, ma anche la precisa volontà di non fallire ancora l'ingresso al torneo Ncaa a causa di un RPI troppo basso, in quella che è, o era, una conference molto competitiva per il basket. L'RPI è quel punteggio, paragonabile in via di concetto al BCS, che stila un ranking delle squadre che non hanno un automatic berth.
Delle 65 iscritte al torneo infatti soltanto 31 accedono di diritto vincendo la loro conference, le altre devono guadagnarsi l'invito grazie a questo punteggio, basato sul record, sulle vittorie di qualità e sul coefficiente di difficoltà relativo ad ogni gara disputata.
Memphis in sostanza gli ultimi anni ha sempre scelto un calendario facile, salvo poi ritrovarsi con un RPI sufficiente per il NIT, non per il torneo Ncaa.
Il fatto di esordire in tornei a grande visibilità come il preseason NIT o il Maui è molto importante anche sotto un altro aspetto, ossia quello legato al marketing televisivo che rischierebbe di scemare in una conference così indebolita. Per questo la ricetta di Calipari è giusta, occorre vedere se i Tigers avranno un roster adeguato per scriverla con successo.
Quale futuro?
Per quanto si è visto ultimamente possiamo affermare, senza troppa paura di essere smentiti, che la Ncaa è sempre più verde. E lo è in tutti i sensi.
L'età media dei giocatori è sempre più bassa a causa degli abbandoni anticipati, e soprattutto il verde è il colore dei soldi. E la Ncaa è inanzitutto un giro di interessi mostruoso, una vera macchina di denaro, che non lascia scampo nemmeno alle tradizioni quando queste non pagano più.
Una conference giovane come la C-Usa ad esempio, al suo ottavo anno di vita, non ha saputo rapidamente integrare buoni programmi con un'organizzazione adeguata in termini di ricavi, proprio per questo motivo non ha potuto fare nulla per difendersi dall'assalto della Big East. Al tempo stesso anche conference dagli organigrammi consolidati hanno subito e subiranno delle sostanziali variazioni.
In sostanza, quello che per alcuni anni è stato un movimento con un certo equilibrio, è ormai destinato a continui valzer di conference, in cui soltanto chi guadagna e fa guadagnare avrà chance di successo. Morale della favola: molti college di Division I con uno scarso seguito a livello di mercato rischiano fortemente di trovarsi in mezzo a una strada e scivolare definitivamente nel baratro.