TCU, è l’ora della verità 

Andy Dalton è uno dei quarterbacks più consistenti di questa stagione di football.

Do they belong? Ogni anno è obbligatorio e lecito porsi una domanda del genere, generata dalle note differenze tra le imbattute delle conferences non Bcs e le big vere, quelle che di partite ne vincono magari una in meno, ma con un calendario un po' più difficoltoso.

Ogni campionato recente che si rispetti porta in serbo una squadra (o più d'una) che reclama un posto in alto, sapendo che con tutta probabilità  non giocherà  mai un Championship stando la situazione come la conosciamo oggi, a meno di clamorose decisioni dei coaches o di improvvisi sbalzi di corrente durante l'elaborazione matematica fornita dai computers.

Una delle storie più coinvolgenti di quest'anno riguarda senz'altro Texas Christian, che da tempo è costantemente in lotta per la vetta della Mountain West, e che in questa stagione sta mantenendo un'imbattibilità  che potrebbe portare a mete di cui oggi, per scaramanzia, nessuno vuole parlare.
La vicenda nasce sempre dagli stessi presupposti: Utah, compagna di conference, ha raggiunto un Bowl Bcs per due volte negli ultimi cinque anni, Boise State, concorrente serrata di quest'anno, farà  sempre parlare di sé per la vittoria contro Oklahoma nel Fiesta Bowl 2007, Brigham Young, altra appartenente alla conference delle montagne, c'è sempre andata vicina, ma non abbastanza, pur figurando con una discreta costanza tra le top 25.

Gli Horned Frogs, il cui Texas azzecca poco con il clima freddo e nevoso che si respira dalle parti dei mormoni, sono giunti, al momento della stesura di questo articolo, a quota 11 vittorie consecutive, ovvero la quarta striscia attiva più prolifica d'America. Davanti ci sono solamente Florida, e parliamo dei campioni nazionali in carica, Iowa, che ha perso l'imbattibilità  lo scorso sabato, e Texas, altro squadrone accreditato per dire la sua da qui a fine anno. La posizione raggiunta a ranking, la numero 4, è la più alta degli ultimi 53 anni di storia della squadra.

Le carte in regola per stupire il mondo ci sono, ma mancano ancora alcuni tasselli fondamentali, e lo stupore, prima, dovrà  essere fatto pervenire ai votanti e selezionatori dei Bowl.

Il cammino, dunque sinora perfetto, è passato da tappe facili e meno facili. Le gare più agevoli sono state sicuramente giocate all'interno di un raggruppamento che tutto è a parte irresistibile, come testimonia lo smantellamento di Unlv, tenuta a sette primi downs totali e seppellita sotto 578 yards di total offense, piuttosto che il recente impegno contro San Diego State, nel quale i Frogs hanno preso ben presto le redini dello scontro mettendo a referto più giocate a lunga gittata, la vera novità  di quest'anno, e scrivendo a referto un totale di 55 punti, a fronte dei miseri 12 concessi agli Aztecs.

Tutto facile fin qui, ma è necessario considerare anche il resto: Tcu ha ottenuto, ad inizio anno, un'importante affermazione contro Clemson, che in questa settimana ha ripreso per i capelli la testa dell'Atlantic Division della Acc e si propone di conseguenza come compagine di valore, aumentando automaticamente il valore di quella vittoria, ma soprattutto ha superato il primo grande ostacolo divisionale rappresentato da Byu, rivale che ad inizio stagione pareva poter esprimere una seria candidatura Bcs, ma che anche da quella pesante sconfitta contro i Frogs, 38-7 in casa, è stata pesantemente ridimensionata.
Poi c'è Utah, la seconda pretendente da arginare (lo scontro tra le due arriva questo sabato - ndr), la stessa che un anno fa aveva strillato al complotto trovandosi esclusa da una finale che probabilmente avrebbe anche meritato, e che all'attualità  campeggia al quattordicesimo posto del ranking, in virtù dell'unico passo falso fatto contro Oregon, lo scorso 19 settembre.

Come usano fare tutte le squadre in striscia positiva, dalle più prestigiose alle meno conosciute, quando la folla di giornalisti assale il coach di turno con domande riguardanti le prospettive a lungo termine del team, piuttosto che inutili perdite di tempo mirate a capire come si comporterà  quella determinata compagine in una partita che probabilmente, ma non sicuramente, giocherà , anche coach Gary Patterson va avanti mantenendo un basso profilo, cercando di fissare la concentrazione dei suoi ragazzi alla partita successiva, senza fare salti in avanti che potrebbero rivelarsi psicologicamente spiacevoli. Texas Christian, d'altra parte, non può permettersi di sbagliare nemmeno una mossa, ed i giocatori non possono godere del lusso di prendersi una giornata di riposo come di tanto in tanto succede alle grandi, perché una sola sconfitta equivale ad un Bowl di rango medio-basso, quando si proviene da una conference priva di qualificazioni automatiche al Bcs.

Patterson è in sella dalla fine della stagione 2000, quando sostituì coach Dennis Franchione prima dell'ultima gara dell'anno, e da quel momento ha avuto solamente un record perdente, nel 2004.
E' stato il primo allenatore nella storia dei Frogs ad ottenere cinque differenti stagioni composte ognuna da più di 10 vittorie, ed ha vinto gli ultimi quattro Bowl consecutivi cui l'università  ha preso parte. Dal 2005, anno dell'avvenuto inserimento di Tcu nella Mountain West, ha vinto un titolo di conference, proprio all'esordio, e quest'anno conta di fare il bis.

La sua filosofia è sempre stata quella di difendere molto forte, e concedere un punto in meno all'avversario rispetto a quanti ne fosse riuscito a segnare il suo attacco. Un modo di interpretare il football forse non molto spettacolare, imperniato sulla possibilità  di schierare una difesa consistente, a tratti dominante, ed un attacco capace di muovere le catene con passaggi corti, di guadagno costante, e con un gioco di corse in grado di far gestire il cronometro a piacimento. L'unico fattore positivo che mancava al reparto offensivo, come testimoniato da un 2008 che poteva essere migliore, era l'incapacità  di segnare costantemente tanti punti contro le squadre più forti, uno dei pochi ostacoli che sanciva Texas Christian come squadra buona, ma non così buona.

In questi termini, molto è sicuramente cambiato. Andy Dalton, il quarterback, continua a lanciare quando serve, forzando assai poco come testimoniano i 16 passaggi da touchdown a fronte dei soli 3 intercetti, e vista la sua efficienza, a nessuno importa se le sue 1.881 yards sono lontanissime dalle statistiche accumulate dai Case Keenum di turno.
L'attacco continua a poggiare la sua fede su giocate di possesso, come testimoniano le numerose ricezioni di Jeremy Kerley, peraltro ottimo kick returner, e Bart Johnson, i quali hanno il compito di farsi trovare preparati al momento giusto, perchè poi a finalizzare ci pensano altri.
I due, primo e secondo di squadra per palloni catturati, hanno difatti totalizzato un solo touchdown fino a questo momento.

Ciò che mancava era un gamebreaker, ovvero quel tipo di giocatore che spezza le gare in due in un colpo, e questi è stato identificato in Antoine Hicks, resosi responsabile di due partite consecutive con a referto una meta da 75 yards, e primo realizzatore tra i wide receivers con quattro attraversamenti della endzone. Questa peculiarità  su tutte, aggiunta alla migliorata capacità  di Dalton nel distribuire equamente i suoi passaggi, è stata la chiave che ha permesso ai Frogs di mettere via le partite già  in qualche primo tempo, e di giocarsi la ripresa sulla gestione del possesso e sull'aggiunta di altri punti al tabellone, che in fase di ranking fanno pur sempre comodo.

Il gioco di corse, ovvero quella parte d'attacco che tanto ha aiutato lo sviluppo di Dalton e che ne contiene, al momento, il numero di errori, è assai prolifico, e possiede più di un'arma: Joseph Turner corre per 5.1 yards ogni volta che gli viene consegnato l'ovale ed è il miglior marcatore di squadra con 9 mete all'attivo, mentre sono quattro in totale i giocatori che hanno superato la barriera delle 300 yards, compreso un Dalton che di recente ha pure segnato i suoi primi punti dell'anno con le proprie gambe.

La difesa era forte anche prima, e non ha fatto altro che rafforzare la fama precedentemente conquistata. La superstar di un reparto che mette tantissima pressione agli avversari è il defensive end Jerry Hughes, in odore di Nfl già  nel 2008, che ha deciso all'ultimo di farsi un altro anno al college, giocatore che dodici mesi fa si era classificato primo di tutta la nazione con 15 sacks, attualmente quarto, fermo a quota 9, con tre gare ancora da disputare.
Non sempre Hughes ha registrato statistiche esorbitanti, ma c'è da dire che spesso gli avversari hanno deciso che era meglio stargli distante, e le perenni attenzioni su lui dedicate, hanno permesso ai compagni di effettuare giocate che altrimenti difficilmente avrebbero concluso. E pensare che Hughes, alla high school, era un running back, e prima di giungere in Texas non aveva mai giocato un singolo snap in difesa.

Il reparto è il quarto d'America per punti e yards aeree concesse, e settimo contro le corse, ed ha confermato tali caratteristiche anche affrontando avversarie che fossero di spessore superiore alla Colorado State di turno (fanalino di coda nella Mountain West), riuscendo a fermare, facendo un esempio su tutti, C.J. Spiller di Clemson, uno dei giocatori più esplosivi di questa stagione.

La strada da percorrere è rimasta poca, e Texas Christian può vantare i suoi diritti nell'essere grande. Sabato, come detto sopra, arriva Utah per uno scontro che potrebbe rafforzare e non di poco la candidatura per un Bowl Bcs, e fungere contemporaneamente da rivincita per quel beffardo incontro di un anno fa, quando gli Utes mantennero l'imbattibilità  proprio a discapito degli Horned Frogs, battendoli in rimonta e confermando il loro trend positivo negli scontri diretti (5-1 all time pro-Utah).

Qualora uscissero vincenti dopo sabato, i Frogs, restando all'erta da upset clamorosi, dovranno affrontare solo Wyoming e New Mexico, compagini che sulla carta sono ampiamente battibili.
Il sogno è lì, ad un passo. Ma il percorso per tagliare il traguardo, richiede la massima attenzione di settimana in settimana.

Coach Patterson, per tenere i suoi ragazzi fissi sull'obbiettivo a breve termine, ha predisposto una piramide che ha posto nello spogliatoio, la quale viene dipinta gradualmente di viola, il colore di squadra, ogni volta che si vince. Se si perde, lo spazio rimane bianco.
Se a fine anno la piramide resterà  in tinta unita, allora difficilmente i selezionatori potranno ignorare questa università  estromettendola dal giro che conta.

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